Anche quest’anno si è concluso con successo il Percorso Astronomico (LaDat), sviluppato con un gruppo di studenti delle classi seconde, terze, quarte e quinte dell’Istituto, coordinate dall’esperto esterno Federico Zarini.

L’attività, nata come prosecuzione del progetto avviato l’anno scorso, si è concentrata ancora di più sull’esperienza diretta e sull’osservazione del cielo notturno, arricchendosi di più uscite sul territorio. Con la partecipazione attiva degli studenti, sono stati scelti tre luoghi della Carnia particolarmente adatti per l’osservazione astronomica, grazie alla bassa
presenza di inquinamento luminoso: la località “Taviele” di Sutrio, Fresis (Enemonzo) e Clavais (Ovaro), tutti situati lontano dai centri abitati.

Durante le uscite serali, svolte durante l’inverno e i primi mesi della primavera, il gruppo ha utilizzato il telescopio dell’Istituto e altri accessori per osservare pianeti e oggetti del cielo profondo in modo da confrontare la visione e gli ingrandimenti forniti dalle diverse configurazioni strumentali. Le basse temperature sono state mitigate da una pausa con tè caldo, occasione preziosa anche per momenti di scambio e convivialità. Non sempre le condizioni meteo si sono rivelate favorevoli: in più di un’occasione, una nuvola ha oscurato proprio l’oggetto celeste prescelto. Questo, però, ha offerto l’opportunità di cambiare prospettiva e rivolgere l’attenzione verso altri corpi celesti più facilmente individuabili, come la celebre nebulosa di Orione o la galassia di Andromeda.

la galassia di Bode (M81)

Durante l’ultima uscita, il gruppo ha sperimentato anche le tecniche di astrofotografia, riuscendo a fotografare tre soggetti particolarmente impegnativi: la galassia di Bode (M81), la galassia Vortice (M51) e l’ammasso globulare M3.

la galassia Vortice (M51)

Il lavoro è proseguito poi in aula, con un incontro dedicato all’elaborazione delle immagini. In astrofotografia, infatti, le foto non vengono pubblicate così come sono state scattate: per ogni soggetto si realizzano almeno una decina di scatti, con esposizioni che, nel caso specifico, non hanno superato i 30 secondi, a causa delle caratteristiche tecniche dell’attrezzatura e della precisione dell’allineamento polare.

l’ammasso globulare M3

Le immagini ottenute sono poi state elaborate mediante appositi software
astronomici, che permettono di sovrapporre (stacking) più scatti per raccogliere la maggiore quantità di luce possibile. Infine, intervenendo sulle zone più buie per far emergere i dettagli nascosti, si sono ottenute le fotografie che completano il percorso svolto e che abbiamo il piacere di condividere in questo articolo.